La Segre inaugura a Milano
il nuovo Giardino dei Giusti
La senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta e testimone degli orrori dei campi di sterminio nazista, ha tagliato il nastro...
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di Ernesto Galli della Loggia
Per capire la realtà profonda dell’antisemitismo, oggi più forte che mai, che cosa in esso si nasconda davvero in Italia come altrove, è necessario innanzi tutto partire da un dato: dalla straordinaria valenza simbolica acquisita dall'ebraismo agli occhi degli europei. Una tale valenza si è costruita su due capisaldi, il Cristianesimo e la Shoah. Grazie a essi l’Ebraismo oggi si presenta virtualmente come il momento iniziale e al tempo stesso il punto d’arrivo dell’intera storia d’Europa, in certo senso l’alfa e l’omega di tale storia, il principio e la fine. Il principio, allorché l’emanazione religiosa neotestamentaria del giudaismo uscì dalla Palestina e si diffuse su questo continente dando forma e sostanza a quella civiltà europea che è ancora la nostra; e insieme però anche il punto terminale della vicenda che ebbe allora inizio. La fine da cui l’Europa non si risolleverà più, segnata dal suo suicidio storico tra le fiamme dell’Olocausto. Per l’Europa, insomma, l’Ebraismo è divenuto una sorta di luogo simbolico dell’Origine e contemporaneamente della Catastrofe. Non basta. Proprio in ragione della Shoah, l’Ebraismo ha assunto — oggi soprattutto — anche il carattere di luogo simbolico di un giudizio sull'Europa che evidentemente non può che essere di irrimediabile condanna. Un giudizio che dal 1945 in avanti — e ben a ragione — esso ha rivendicato ed espresso in una molteplicità di forme. Attraverso le innumerevoli testimonianze autobiografiche, i tanti racconti, le smaglianti analisi e i bellissimi libri dei suoi storici e intellettuali, aventi tutti per argomento la persecuzione e lo sterminio; così come attraverso una richiesta incessante di risarcimento simbolico che ha come momento centrale la rievocazione instancabile, l’enfasi sulla memoria .